La dimensione introversa dei Quartetti di Šostakovič

I Quartetti di Šostakovič, quindici come le Sinfonie, costituiscono un nucleo compositivo a sé. L’autore vi si dedicò solo a partire dal 1938, dopo che aveva già scritto le due opere e le prime cinque sinfonie. Ma la predilezione per il genere quartettistico si accentua in tarda età: ne scrisse sette negli ultimi undici anni. Viene spontaneo rilevare quanto questo “amore senile” per il quartetto ricordi quello di Beethoven.

Si potrebbe pensare che, mentre nella sinfonia Šostakovič si concede anche effetti appariscenti, nella musica da camera ricerchi invece un’espressione introversa, senza concessioni alla platea. In realtà tanto la musica sinfonica quanto quella cameristica hanno nel musicista le stesse connotazioni formali ed espressive. A proposito del supposto rapporto privilegiato della musica da camera con la sua sfera intima, il musicista ha dichiarato a un giornalista del “Times”, nel corso di un’intervista pubblicata il 18 luglio 1972: “Io non distinguo fra esse in quel modo, né trovo che il pubblico reagisca diversamente [alla musica da camera]. Infatti, da noi i quartetti si eseguono non meno spesso delle sinfonie, e sembra che la gente venga ad ascoltarli”.

tratto da “ŠOSTAKOVIČ” di Franco Pulcini

 

Brahms e il quartetto

È singolare, anche se psicologicamente comprensibile, che Brahms – autore di due Sestetti, di due Quartetti con pianoforte e di un Quintetto con pianoforte – abbia rimandato per vent’anni la creazione di un Quartetto per archi: colpa di un’eredità impegnativa («Non potete immaginare cosa si provi a sentire i passi di un gigante come Beethoven dietro le proprie spalle») e di una formula musicale, quella del quartetto d’archi, da sempre ritenuta la più difficile ed aristocratica: d’altronde Brahms era ben consapevole che anche Beethoven fosse giunto all’età di trent’anni prima di aver osato affrontare, con l’Op.18, il «fantasma» del quartetto. Si ha notizia di un’opera giovanile (ascoltata perfino da Schumann) che fu distrutta dall’autore, insoddisfatto e poco convinto; dopo questo esperimento degli anni ‘50, si contano soltanto progetti, abbozzi e rimaneggiamenti: decine di tentativi travolti da dubbi e insicurezza. Per anni le difficoltà – oggettive e psicologiche – ebbero il sopravvento sulla volontà creativa; e questo nonostante le continue richieste dell’editore Simrock, gli affettuosi consigli dell’amico Joachim e l’incoraggiamento di Clara Schumann: vent’anni di attese, di impegno e di ripensamenti.

tratto da “Brahms. Signori, il catalogo è questo!” di A. Poggi E.Vallora